Il 23 settembre 2022 si è ritirato dalle competizioni uno dei più grandi sportivi di sempre (c’è chi dice il più grande), Roger Federer. E lo ha fatto in un contesto particolare, non un torneo del circuito ma un torneo a squadre che vede contrapposti il team Europa e il team Resto del Mondo. La Laver Cup è una splendida invenzione che scardina le logiche di uno sport iper individuale come il tennis e introduce la dimensione di squadra, dove non è fantascienza vedere Federer e Nadal vincere uno scambio straordinario insieme, e Djokovic esultare per loro. 

Nel team Europa si sono trovati a giocare insieme dei pezzi da novanta del tennis europeo. I più attesi erano proprio loro, Roger Federer e Rafael Nadal. Due che negli ultimi 15 anni si sono incontrati centinaia di volte separati da una rete, avversari predestinati da un enorme talento e dalla ancor più enorme voglia di vincere. Quella rete nel mezzo non ha mai rappresentato per loro un limite al rispetto, al fair play e all’amicizia che hanno saputo creare e di cui come tifosi siamo stati testimoni compiaciuti. E ieri, quando finalmente hanno giocato in doppio condividendo la stessa metà campo, ci hanno insegnato quanto sia prezioso incontrare un fedele avversario sul cammino verso il raggiungimento dei propri obiettivi.

Se ci pensiamo siamo abituati a vedere l’avversario come una persona che ci toglie qualcosa. Ma non è così. Semplicemente perché ciò che pensiamo che ci stia togliendo non è nostro. La vittoria non è una cosa di nostro possesso, se non dopo averla conquistata, e di conseguenza nessuno può togliercela. L’avversario, semmai, potrà ottenerla al posto nostro. Per meriti, per bravura o semplicemente per caratteristiche che in quel momento risultano vincenti. In questo senso l’avversario assume un significato diverso. Qualcuno in grado di farci tirar fuori risorse inimmaginabili e che ci dà una misura del nostro valore, più che come un ladro che ci ha sottratto una refurtiva che consideravamo erroneamente già nostra.

Le persone che nei diversi ambiti di vita ci hanno dato più filo da torcere sono quelle verso cui abbiamo il più grosso debito di riconoscenza, perché ci hanno costretto a crescere e a migliorarci. Sono anche quelle che più di tutti possono capire e condividere le nostre fatiche e le nostre difficoltà, perché sono anche le loro. E infine sono quelle che vogliamo al nostro fianco quando finisce un percorso, perché ne hanno fatto parte e, in fondo, sappiamo che senza di loro non saremmo ciò che siamo.

Non poteva quindi che finire così per Roger Federer. Ha scelto di giocare la sua ultima partita facendo squadra con il rivale di una vita, guardando la rete finalmente dalla stessa prospettiva e cercando di vincere, per una volta, entrambi nello stesso momento. E probabilmente sentendosi con lui al fianco meno solo nel match più difficile di sempre.