L’esplorazione è una spinta vitale dell’essere umano. Conoscere, apprendere, fare i conti con i propri limiti e confrontarsi con l’ignoto sono attività necessarie per l’evoluzione dell’individuo e per una sua crescita emotiva e cognitiva, oltre che relazionale.

Tale esplorazione può risultare tuttavia inibita in alcuni frangenti o periodi di vita a causa di sospettosità, paura, precedenti esperienze negative o limitazioni imposte dall’esterno (pensiamo ad esempio alle recenti limitazioni imposte dal COVID) che portano a leggere gli eventi come minacciosi. Denominatore comune è la percezione di vulnerabilità dell’individuo che rinuncia a movimenti evolutivi nel mondo a vantaggio della tutela della propria integrità psico-fisica. Ma quanto è reale la vulnerabilità percepita? Quanto stiamo parlando di un normale e legittimo processo di autotutela e quanto invece ci troviamo di fronte a paure abnormi, viziate da precedenti esperienze negative o da distorte immagini di sé e del mondo?

Nella stragrande maggioranza dei casi convinzioni e credenze negative di base rappresentano un freno, se non addirittura dei sabotatori interni, alla nostra esplorazione, lasciando gli strascichi di una frustrazione profonda e il vissuto di una mancata realizzazione di una parte di sè.

La paura conduce a evitamento e all’attuazione della massima distanza tra sé e l’oggetto/situazione temuta (pensiamo ad esempio alle fobie). Dire a una persona che ha paura di avvicinarsi al temuto rappresenterebbe un controsenso ed eliciterebbe la legittima risposta “fosse così facile!”… sarebbe come dire a una persona che è triste di non esserlo. Le emozioni sono importanti indicatori, non vanno eliminate, quanto piuttosto comprese nel loro significato e gestite assumendo una posizione attiva.

Tra evitare ed entrare in contatto con quanto si teme però si colloca un interessante strumento: la curiosità.

La curiosità può essere definita come il desiderio di acquisire nuova conoscenza ed esperienza.

Essere curiosi ci permette di osservare dalla distanza ciò che ci spaventa, vuoi perchè è ignoto, vuoi perchè esperienze precedenti sgradevoli si sono associate nella nostra mente a quello specifico stimolo. La curiosità ci permette di esplorare piuttosto che di giudicare o ricorrere a processi di labeling che non sono altro che il frutto di un pregiudizio derivante, come detto, da esperienze pregresse o dai “sentito dire”. La curiosità permette di regolare la distanza, avvicinandoci per guardare da diversi punti di vista ciò che ci spaventa, con la garanzia di mantenere una prossimità sostenibile. La curiosità di fatto garantisce un senso di controllo nel rispetto dell’autoprotezione, bandendo la cristallizzazione di convinzioni e pregiudizi limitanti e disfunzionali e, al contempo, sostenendo la spinta esploratoria.

Coltivare un mindset orientato alla curiosità rappresenta quindi uno strumento essenziale per fronteggiare l’ansia anticipatoria, per promuovere crescita e sviluppo in ogni contesto di vita sia esso relazionale, lavorativo o personale, e soddisfare quel bisogno viscerale di esplorazione che ha sempre mosso, muove e sempre muoverà l’essere umano.